Coronavirus: per combatterlo servono organizzazione e tecnologia

di Danilo Melandri

Individuare, testare e isolare i positivi. Spezzare la catena di contagio è più semplice quando si utilizza la tecnologia. Cina, Corea del Sud e Singapore sono gli esempi che l’Europa deve seguire

La guerra al Coronavirus la vinceremo con la tecnologia e l’organizzazione. Se da un lato oggi le misure restrittive si rendono necessarie per ridurre il numero di contagi che ha messo in crisi profonda gli ospedali in Lombardia, dall’altro il solo «lockdown» non ci consentirà di vincere. Chiarissime le parole di Mike Ryan, direttore del dipartimento per le emergenze sanitarie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: «Dobbiamo andare a caccia del virus. Bisogna rintracciare i contagiati e isolarli, e poi rintracciare tutti i loro contatti e isolare anch’essi. Altrimenti al primo allentamento delle misure restrittive l’epidemia potrebbe tornare a crescere esponenzialmente.

I test sierologici applicati al coronavirus assumeranno importanza sempre più rilevante nella pianificazione del post lock-down. E’ infatti grazie a questi strumenti che potremo avere un quadro più chiaro di chi è entrato realmente in contatto con il virus. Un’informazione utile per poter allentare progressivamente le misure restrittive.

A differenza degli ormai noti “tamponi”, esame di laboratorio che serve per individuare la presenza del coronavirus all’interno delle mucose respiratorie, i test sierologici servono ad individuare tutte quelle persone che sono entrate in contatto con il virus. Mentre i primi forniscono un’istantanea sull’infezione, i secondi “raccontano” la storia della malattia. Attraverso i test sierologici infatti è possibile andare ad individuare gli anticorpi prodotti dal nostro sistema immunitario in risposta al virus.

I test sierologici sono essenzialmente di due tipi: quelli rapidi e quelli quantitativi. I primi, grazie ad una goccia di sangue, stabiliscono se la persona ha prodotto anticorpi -e quindi è entrata in contatto con il virus-; i secondi, dove serve un prelievo, dosano in maniera specifica le quantità di anticorpi prodotti. In entrambi i casi i test sierologici vanno alla ricerca degli anticorpi (immunoglobuline) IgM e IgG. Le IgM vengono prodotte temporalmente per prime in caso di infezione.

Con il tempo il loro livello cala per lasciare spazio alle IgG. Quando nel sangue vengono rilevate queste ultime, le IgG, significa che l’infezione si è verificata già da diverso tempo e la persona tendenzialmente è immune al virus.e guanti

A COSA SERVONO?

Conoscere la presenza di questi anticorpi è utile per molte ragioni. Innanzitutto, poiché forniscono il “film”della malattia e non un’istantanea, ci consentono di sapere quante persone hanno realmente incontrato il virus. Ciò è importante soprattutto alla luce del fatto che molte persone con Covid-19 hanno avuto sintomi blandi o addiruttura sono asintomatiche.

Ciò accade grazie agli studi di sieroprevalenza, ovvero studi in cui si sottopone al test un campione rappresentativo della popolazione. Grazie a queste analisi è possibile conoscere la reale letalità della malattia, la diffusione geografica e la diffusione nelle diverse fasce di età. Indicazioni utili per pianificare quando, come e quanto allentare le misure restrittive.

Attenzione però a pensare che tutti i test sierologici siano uguali. Ciò che conta, in ottica delle prossime fasi di gestione della pandemia, è l’affidabilità di questi esami. Test con molti falsi positivi rischierebbero di dare il via libera a persone che in realtà non hanno mai contratto il virus. Non solo, si rischierebbe una fotografia della circolazione del virus poco aderente alla realtà. E’ per questa ragione che già ora si stanno valutando tanti test sierologici confrontando il dato ottenuto dal tampone positivo. Solo con un test altamente affidabile potremo estendere l’utilizzo di queste analisi nell’ottica di un allentamento delle misure.

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